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Oli DOP e IGP: nel Rapporto Ismea-Qualivita 2025 crescita significativa del compartoAmoroso (AIFO)

Il Rapporto Ismea-Qualivita 2025 conferma un’evoluzione positiva del settore degli oli di oliva certificati. Nel 2024 la produzione DOP e IGP raggiunge 16.190 tonnellate, registrando un aumento del 31,1% rispetto all’anno precedente; il valore alla produzione sale a 194 milioni di euro (+46,9%). Crescono anche il valore al consumo, che raggiunge 258 milioni di euro (+47,8%), e il valore dell’export, che arriva a 102 milioni di euro (+25,3%). Si tratta di risultati che evidenziano la vitalità di un comparto che, pur rappresentando una quota minoritaria della Dop Economy, mostra una dinamica di sviluppo coerente con la crescente domanda di qualità e di origine garantita. Il Presidente di AIFO, Alberto Amoroso, sottolinea la portata strategica di questi dati: «Il Rapporto Ismea-Qualivita dimostra che la Dop Economy continua a crescere e che, all’interno di questo percorso, l’olio certificato è un segmento in espansione.

È un’occasione enorme per il nostro settore. Tuttavia, non possiamo ignorare un dato chiave: solo il 3-4% dell’olio commercializzato arriva al consumatore con una DOP o una IGP. Se vogliamo garantire qualità e tracciabilità a chi acquista e assicurare una giusta remunerazione agli olivicoltori e ai frantoiani, questa percentuale deve aumentare in modo deciso».

Amoroso evidenzia inoltre che il sistema delle denominazioni dell’olio non è strutturato come quello di formaggi e vini, oggi tra i comparti più forti della Dop Economy grazie a modelli organizzativi solidi e a una governance più efficace. Per questo, secondo il Presidente, è il momento di avviare una riforma profonda e non più rinviabile: modificare il decreto di riconoscimento delle DOP e IGP dell’olio, adottare modelli gestionali simili a quelli già collaudati nel vino e nei formaggi, e trasformare le denominazioni in veri strumenti di valore, anziché in semplici adempimenti burocratici. «Se interveniamo su questi tre fronti — prosegue Amoroso — gli effetti sarebbero immediati: tracciabilità più forte e trasparente, maggiore tutela del territorio e delle produzioni, una redistribuzione più equa del reddito lungo la filiera e una capacità molto più ampia di promuovere i nostri oli sui mercati esteri.

Il settore non può più permettersi di utilizzare solo al minimo un potenziale così grande. Riformare le denominazioni significa liberare valore, rafforzare la competitività e dare finalmente all’olio italiano il ruolo che merita nella Dop Economy». Nel quadro delle attività della filiera, la collaborazione con Italia Olivicola, nell’ambito del Programma Operativo finanziato dal regolamento europeo, continua a rappresentare uno spazio strategico di coordinamento e rafforzamento delle azioni comuni per qualità, tracciabilità certificata e valorizzazione delle produzioni olivicole italiane.