Connessioni e ispirazione, relazioni e fiducia, speranza e pace, entusiasmo e rigenerazione, ma anche rabbia e rivoluzione: per 150 giovani, riuniti a Roma da Slow Food Italia per l’Anteprima di Terra Madre, a discutere intorno a cibo, clima e bellezza futura, la transizione da un modello estrattivista che sfrutta le risorse naturali e relazionali è possibile oltre che necessaria. Realtà diverse si sono ritrovate al MAXXI, dal 24 al 26 maggio, e hanno costruito ponti a partire da un sentimento positivo e di gioioso slancio rivoluzionario nell’affrontare le sfide che abbiamo davanti.
«In questo evento non abbiamo voluto dire né fare, ma favorire: la partecipazione civile, l’autodeterminazione, la riflessione condivisa, l’elaborazione, la sintesi. Il nostro impegno stavolta è stato farci da parte, creare uno spazio vuoto e un tempo silenzioso per lasciar parlare e ascoltare ciò che le ragazze e i ragazzi vogliono dire» sottolinea Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia. «Abbiamo ascoltato ciò che pensano del presente come intendono disegnare il futuro. Queste giornate non vogliono essere un punto di arrivo ma una partenza per una transizione che le giovani generazioni possono ispirare, avviare e guidare. Sono espressione di fiducia e speranza, e simboleggiano la nostra idea di impegno e partecipazione per il bene comune nella prospettiva del diritto di tutti a una vita di pace e prosperità e al cibo che la nutre» conclude Nappini.
La mappatura delle buone pratiche e l’appuntamento a Terra Madre Salone del Gusto
A partire dai lavori di questi giorni, segnati dalla condivisione dei desideri e dalle azioni virtuose da compiere per realizzarli, sarà elaborato un documento di sintesi. Per quattro mesi i giovani attivisti saranno impegnati a condividerlo con le associazioni di appartenenza per farlo proprio e a misurarlo con la realtà, individuando buone pratiche, iniziative e aziende che già le applicano in tutta Italia. Il risultato sarà una mappatura di chi sta già rigenerando i territori, presentata ufficialmente in occasione di Terra Madre Salone del Gusto a Torino, dal 26 al 30 settembre 2024.
Oltre 30 le associazioni che hanno partecipato alla tre giorni, tra cui Agesci, AGIA-CIA Agricoltori Italiani, Agroecology Europe, Arci, LVIA, CNG Consiglio Nazionale Giovani, Coldiretti Giovani, Comunità di Sant’Egidio, Demeter, Giovani cuochi dell’Alleanza Slow Food e produttori dei Presìdi Slow Food, Giovani delle Acli, I.I.S.S. “V. Cardarelli” di Tarquinia, I.P.S.E.O.A. “Tor Carbone – A. Narducci” di Roma, Legambiente, Libera, Liminal, Marevivo, Modavi, Navdanya International Onlus, Oltreterra, Recup Roma, Slow Food Youth Network Italia, UCI – Unione Coltivatori Italiani, UNISG – Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, WWF.
«Cambiare il modo di agire e il linguaggio, per tornare a vederci come parte della natura, e non al di sopra di essa. Smettiamo di pensare che siamo noi a dover salvare il Pianeta, smettiamo di accettare compromessi, riportiamo bellezza nei luoghi, ma facciamolo per noi, per riaccendere un senso di comunità, per riportare benessere sociale, economico e ambientale». È questa la dichiarazione di amore per il futuro di Francesca Ghio, che da attivista dei Fridays for Future ha deciso di cambiare le cose inserendosi nel tessuto politico della sua città, Genova, dove oggi è consigliera comunale e cerca di «portare lo spirito dell’associazionismo all’interno delle istituzioni».
Irene Katsaros, per metà greca e metà italiana, ha vissuto a Torino e ora in Olanda, dove studia e lavora per Agroecology Youth Network Europe. «La parola che abbiamo sentito più spesso, in questi giorni è “rivoluzione”, perché è di una rivoluzione gioiosa che abbiamo bisogno, anche per essere incisivi a livello collettivo. Abbiamo compreso, una volta di più, come noi giovani stiamo portando pesi che non abbiamo scelto, e che risollevarci è un’azione necessaria. Abbiamo parlato tanto di ascolto attivo, ma la politica spesso sembra ignorare le nostre istanze, i nostri desideri. Il futuro che vorrei è fatto di ecosistemi che si ascoltano, capaci di dialogare e di arricchirsi reciprocamente».
Roberto Martini e Giulia Zappa, allevatori della razza Cabannina del Presidio Slow Food, hanno le idee chiare su cosa servirebbe a questi luoghi, detti marginali ma che rappresentano il 70% del territorio italiano: «Interventi concreti delle istituzioni per agevolare il ritorno alle piccole comunità montane e di valle, creare possibilità di vita per i cittadini e le famiglie anche nelle aree periferiche, fuori dalle città. Solo così sarà possibile andare oltre la GDO e riavvicinare le persone al cibo buono, pulito e giusto».
Un attivismo trasversale tra cibo e ambiente è quello di Eleonora Occhipinti, volontaria di Recup, realtà che recupera le eccedenze alimentari nei mercati rionali di Milano e Roma per donarle a strutture bisognose, e di Retake, associazione impegnata nella riqualificazione di beni comuni, come parchi e spazi urbani: «Le nostre attività non risolveranno i problemi a monte, come lo spreco alimentare che è una questione di filiera distributiva a livello globale, ma sono fondamentali per sensibilizzare i cittadini, diffondere un senso di cura di ciò che ci sta intorno, e mostrare che ognuno di noi, nel suo piccolo, può fare la differenza. Dedichiamo il nostro tempo a combattere l’abbandono, contaminiamo il degrado con la bellezza».
Dallo Slow Food Youth Network Trentino-Alto Adige arriva il 17enne Ernesto Salizzoni, tra i più giovani del gruppo: «Io credo nel cibo buono, pulito e giusto. Sto studiando per diventare un cuoco consapevole e spero che, anche grazie a questo incontro, sempre più giovani possano scoprire la filosofia dell’Associazione. Il mio desiderio è che i cuochi di domani possano abbandonare l’idea di una cucina che stravolge la materia prima, staccata dal territorio e meccanica, per conoscere, e far conoscere, una cucina autentica, rispettosa, sostenibile, che crea connessioni».
«Non siamo soli e non lo siamo mai stati. L’ho capito in questi giorni insieme ad altri 150 ragazzi che si sono ritrovati per condividere esperienze e aspettative riguardo all’attuale sistema cibo, e non solo. L’entusiasmo e la voglia di mettersi in gioco è stata contagiosa e per niente prevedibile. Attraverso il dialogo, lo scambio e l’incontro abbiamo aperto gli occhi su quello che ci circonda, riconoscendo che dietro al cibo non ci sono soltanto belle parole, ma persone, che ce la stanno mettendo tutta» sottolinea Paolo Capovilla dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo.
La manifestazione – organizzata da Slow Food Italia, insieme a Regione Lazio e Arsial, con il patrocinio del Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, il sostegno del Comune di Roma e il supporto di Reale Mutua, sostenitore ufficiale di Slow Food Italia – sabato 25 e domenica 26 si è tenuta insieme all’edizione romana di Festa del BIO, il festival del mondo del biologico, organizzato da FederBio, e il Mercato dei Mercati della Terra, dei Presìdi Slow Food e delle aziende biologiche del Lazio, con oltre 60 produttori presenti. Negli stessi giorni si è tenuta l’assemblea dei soci di Slow Food Italia con rappresentanti provenienti da tutta la penisola che hanno discusso del futuro di Slow Food in Italia, toccando temi importanti, come la pace, il lavoro con le comunità locali, l’importanza di introdurre l’educazione alimentare nelle scuole di ogni ordine e grado.