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Il virus HLB minaccia l’agrumicoltura siciliana

la minaccia del virus HLB dietro casa, contro la diffusione in Italia, subito un piano pandemico di prevenzione per non ripetere gli  errori  del passato  con il virus tristezza

Un’altra, gravissima minaccia “dietro porta” per l’agrumicoltura siciliana, che potrebbe attaccare centinaia di migliaia di ettari di arance  e limoni, distruggendo più di quanto non abbia già fatto il virus tristeza. 

La Huanglongbing (HLB), nota anche come Citrus greening, è forse la più grave emergenza fitosanitaria che minaccia l’agrumicoltura mondiale, e che ha già distrutto milioni di piante  in paesi extra europei: dagli Stati Uniti (Florida, California) alla Cina e al Brasile, e che adesso ha puntato l’Europa. L’insetto-vettore che trasmette la malattia, infatti, è già presente in Spagna, Portogallo e Israele, cioè nella principale area di produzione di agrumi, arance e limoni, il bacino del Mediterraneo.

“Ed è possibile che nel giro di un decennio arrivi anche il batterio”, hanno avvertito i ricercatori nel corso di un seminario, organizzato a Catania dal Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente Unict, con la collaborazione dell’Istituto di  ricerca del Crea, Centro di ricerca olivicoltura frutticoltura e agrumicoltura e il Distretto  Produttivo  Agrumi di Sicilia. 

“L’auspicio è che si riesca ad essere pronti in tempo con un piano di prevenzione efficace – ha esordito il Agatino Russo, direttore Di3A Unict – Noi abbiamo avviato delle collaborazioni con paesi in cui questa malattia è presente da anni, come in Estremo Oriente”. “Proprio in un momento in cui l’agrumicoltura di qualità siciliana si sta affermando a livello internazionale – ha commentato la presidente Distretto Produttivo  Agrumi di Sicilia, Federica Argentati – penso che sia arrivato il momento che ciascuno faccia la propria parte. Ecco perché siamo qui oggi per lanciare un messaggio chiaro: agire subito, e non arrivare impreparati”. “Purtroppo siamo accerchiati, e il cambiamento climatico in atto potrebbe portare a delle condizioni anche nel nostro paese di alta suscettibilità”, ha spiegato la docente Alessandra Gentile Unict, componente del CdA del Distretto produttivo  Agrumi di Sicilia.

Quanto accaduto in Spagna, per esempio, è stato illustrato dal ricercatore  Alejandro Tena, dell’IVIA di Valencia, che ha fornito un quadro preoccupante di come il batterio si sia ambientato nelle isole Canarie spostandosi velocemente da un’isola all’altra, e anche in Spagna. A porgere i saluti, anche Enrico Catania, presidente Ordine dei dottori agronomi e dottori forestali, Catania. Sono intervenuti i docenti Unict Stefano La Malfa, moderatore, Giuseppe Eros Massimino CocuzzaAlberto Continella e Vittoria Catara,  del CreaConcetta Licciardello, del servizio regionale fitosanitario Filadelfio Conti. Ha concluso i lavori, Sebastiano Vecchio, Osservatorio per le malattia delle piante Acireale, regione Siciliana. 

“Non vorremmo accadesse come per il virus tristeza, cioè nulla – ha commentato  Silvia Di Silvestro ricercatore, responsabile Crea, Centro di ricerca olivicoltura frutticoltura e agrumicoltura – Abbiamo assistito in quest’ultimo ventennio alla devastazione portata dal virus Tristeza, senza alcun piano di emergenza”.

“La Regione siciliana si attivi con il governo nazionale e con gli enti comunitari per predisporre un piano di precauzione contro ‘HBL, come se fosse un piano pandemico – ha aggiunto la presidente Argentati – ascoltando la ricerca da un lato, e  le imprese dall’altro. Le imprese per quanto, in questo momento, non abbiano gli strumenti per tutelarsi, possono fare massa critica e dare supporto alla ricerca scientifica e agli organismi di rappresentanza”.

“L’appello va anche ai produttori – ha aggiunto Silvia Di Silvestro – perchè quando si cominciò a parlare del virus tristezza avevano forse sottovalutato gli effetti. Oggi, abbiamo gli strumenti per prevenire questo disastro che sta già  avvenendo in altre parti del mondo”. “Bisogna innanzitutto far assumere agli agrumicoltori – ha proseguito la professoressa Alessandra Gentile – la consapevolezza che il materiale vegetale importato da altri paesi è pericoloso; dopodiché, mettere in atto i controlli, mentre nel lungo termine è importante sviluppare programmi di miglioramento genetico che possano portare alla costituzione di genotipo resistente alla malattia”.