La Guida agli Extravergini 2024, a cura di Slow Food Italia, parte oggi dal Maxxi di Roma per far conoscere storie di oli, territori, produttrici e produttori che rendono il settore olivicolo un elemento distintivo e identitario della nostra Penisola: «Da millenni, coltivare la pianta dell’olivo è la testimonianza più evidente di come l’opera umana e la natura si possano unire in modo magistrale – ha sottolineato Federico Varazi, vicepresidente di Slow Food Italia -. Una relazione straordinaria tra biodiversità, paesaggio agricolo e culturale che fa dell’Italia il Paese con la maggiore varietà colturale al mondo e uno dei maggiori produttori di olio EVO di qualità. Un connubio che, però, si interrompe se entra in crisi la produzione di qualità a favore di modelli di agricoltura superintensiva, basati sull’eccessivo utilizzo delle risorse naturali, sull’abbassamento dei costi e sulla realizzazione del profitto come unico obiettivo. L’olivicoltura di piccola scala non intensiva vive un momento difficile, a causa della crisi climatica, degli alti costi di produzione e della mancanza di personale. In alcune regioni italiane le campagne si spopolano, i territori più interni vengono abbandonati, i fenomeni di dissesto idrogeologico sono sempre più frequenti e l’ambiente è fortemente minacciato. Siamo consapevoli di questa urgenza e possiamo salvare i nostri paesaggi attraverso l’olivicoltura sostenibile, promuovendo pratiche attente all’ambiente, e al contempo salvaguardare la produzione e la tenuta delle comunità locali. La promozione del patrimonio olivicolo italiano rimane la principale missione di Slow Food, ogni anno, con la pubblicazione della Guida agli Extravergini». Un guida che si è imposta all’attenzione del pubblico e degli addetti ai lavori come strumento importante per districarsi nel variegato e complesso mondo dell’olio e per conoscere da vicino gli olivicoltori che quotidianamente si battono per fornirci un olio buono, pulito e giusto e contribuiscono a disegnare un paesaggio di grande bellezza, che porta con sé anche una straordinaria valenza turistica. Questa, quindi, è una Guida sempre più indirizzata a creare relazioni: tra produttori e cittadini, tra luoghi e prodotti. La nuova edizione si può acquistare su www.slowfoodeditore.it.
I numeri della Guida
Da 24 anni, grazie a una rete di 125 collaboratori, che non sono solo esperti degustatori, ma persone presenti sul territorio, che conoscono le aziende dall’oliveto alla bottiglia, la Guida offre uno spaccato dell’Italia dell’olio completo e ricco di particolari. Nell’edizione 2024 sono raccontate 686 realtà tra frantoi, aziende agricole e oleifici (79 novità a testimonianza di un settore molto vivace), recensiti 1071 oli tra gli oltre 1300 assaggiati. Cresce il numero delle aziende che certificano in biologico l’intera filiera (483 oli certificati) e aumentano i produttori (191 per 207 oli) che hanno aderito al Presidio Slow Food degli Olivi secolari, il progetto che promuove il valore ambientale, paesaggistico, salutistico ed economico dell’olivo e dei suoi prodotti, che tutela oliveti antichi, cultivar autoctone e raggruppa produttori che non fanno ricorso a fertilizzanti di sintesi e diserbanti chimici.
Non mancano riconoscimenti assegnati ogni anno dai curatori della guida: la Chiocciolasegnala le aziende (43) che si distinguono per il modo in cui interpretano i valori produttivi (organolettici, territoriali e ambientali) in sintonia con la filosofia Slow Food; il Grande Olio(80) è attribuito agli extravergini che si sono distinti per particolari pregi dal punto di vista organolettico e perché ben rispecchiano territorio e cultivar. A queste caratteristiche, il premio Grande Olio Slow (104) aggiunge il riconoscimento dedicato alle pratiche agronomiche sostenibili applicate. La Guida cerca anche di essere un invito a visitare queste realtà per incontrare i produttori e scoprire il patrimonio olivicolo: per questo segnala le aziende che offrono ristorazione (102) e quelle con possibilità di pernottamento (144).
Due curiosità che si possono trovare tra le pagine della Guida: per la prima volta sono recensite aziende del Piemonte; in due occasioni superiamo i confini nazionali per provare a capire che cosa succede nelle vicine zone del Canton Ticino, in Svizzera, e della Slovenia.
Riconoscimenti e menzioni speciali
Come ormai d’abitudine da qualche edizione, la presentazione nazionale della nuova edizione della Guida agli Extravergini è anche l’occasione per attribuire alcuni riconoscimenti speciali, oltre ai già citati premi.
Partiamo con un riconoscimento che ci sta particolarmente a cuore: il premio speciale dedicato alla memoria di Diego Soracco, attivo leader di Slow Food sin dalle origini dell’associazione e grande appassionato ed esperto di olio, per lunghi anni curatore della Guida stessa. Quest’anno l’attestato non va solo a un olio, ma all’idea e alla caparbietà di Nico Sartori, titolare dell’azienda Fattoria Altomena a Pelago (Fi) perché da quando è arrivato dal Veneto, oltre trent’anni fa, si adopera per rendere vivo il paesaggio e contrastare il diffuso abbandono delle olivete in questo angolo di Toscana. Punto di riferimento ormai imprescindibile per produttori e frantoiani del territorio, Nico ha saputo valorizzare la biodiversità del territorio: «Siamo felici di collaborare per il terzo anno con Slow Food alla realizzazione della Guida agli extravergini e all’assegnazione di questo importante premio – spiega Roccandrea Iascone, responsabile comunicazione e relazioni esterne di RICREA -. Con la filiera del pomodoro e delle conserve ittiche, quella dell’olio è altrettanto importante per RICREA dal punto di vista sia dei volumi di imballaggi d’acciaio utilizzati per il confezionamento, sia per il riciclo attraverso la raccolta differenziata. Le latte in acciaio, oltre a garantire una conservazione sicura del prodotto nel tempo, sono amiche dell’ambiente perché riciclabili al 100% e all’infinito. Condividendo in pieno i pilastri del manifesto di Slow Food secondo cui il cibo deve essere Buono Pulito e Giusto, RICREA che con il suo lavoro assicura in Italia il riciclo degli imballaggi d’acciaio come latte per olio, barattoli e scatolette, cerca di dare il suo contributo per costruire un futuro sostenibile ai prodotti alimentari contenuti nei suoi imballaggi».
Le menzioni speciali premiano figure e progetti che popolano il mondo olivicolo italiano e rappresentano al meglio la scommessa di Slow Food sul futuro dell’extravergine italiano. Anche quest’anno assegnamo queste menzioni assieme a BioDea, che con il suo aiuto ci ha permesso di individuare tre produttori che in questa annata sono riusciti a curare e valorizzare al meglio cultivar poco conosciute al grande pubblico: Olive Gregori (Luca e Stefano Gregori) di Montaldo delle Marche (Ap) per l’olio biologico da una varietà autoctona del Piceno (la Lea) ormai quasi scomparsa a causa della scarsa produttività e delle difficoltà di gestione della pianta; la Comunità di prodotto e territorio Toccolana di Tocco da Casauria (Pe), che ha fatto un olio di comunità da oliveti secolari; e la Fraternità monastica di Bose di Ostuni (Br) per la cura dei maestosi olivi monumentali plurisecolari di varietà Ogliarola Salentina, in una zona che deve fare i conti con la piaga della Xylella. «Il nostro impegno – ha detto durante la consegna degli attestati Francesco Barbagli, CEO Bio-Esperia, titolare del marchio BioDea – nella produzione olivicola è quello di promuovere e praticare un’agricoltura sostenibile e biologica che rispetti l’ambiente, la salute umana e la biodiversità. Ci impegniamo a utilizzare metodi di coltivazione che riducano al minimo l’uso di pesticidi e fertilizzanti chimici di sintesi, privilegiando invece l’impiego di composti organici, tecniche di lotta biologica e il ricorso a pratiche di gestione del suolo che favoriscano la fertilità naturale e la salute degli olivi. Inoltre, ci dedichiamo alla conservazione e al rispetto delle varietà autoctone di olive, contribuendo così alla salvaguardia della biodiversità vegetale. Lo staff BioDea collabora con numerosi centri di ricerca scientifica, sia in laboratorio che in campo, per promuovere la conversione dell’agricoltura verso metodi di coltivazione sostenibili, fornendo supporto tecnico e condividendo conoscenze e le migliori pratiche. Partecipando a eventi come la presentazione della Guida agli Extravergini di Slow Food si vuole sensibilizzare il pubblico sull’importanza dell’agricoltura biologica e delle pratiche sostenibili nella produzione di olio d’oliva. Per BioDea, è fondamentale praticare un’agricoltura sostenibile per garantire prodotti alimentari di alta qualità buoni, puliti e giusti e un ambiente sano in cui vivere».
Infine, insieme al Gruppo Saida sono stati celebrati alcuni esempi – tra i numerosi presenti in guida – di olivicoltori che da decenni hanno deciso di prendersi cura con passione degli olivi in un territorio non semplice. La scelta della Guida 2024 è andata all’azienda Vincenzo Marvulli di Matera, sessant’anni di cura a olivi secolari, perlopiù della locale Ogliarola del Bradano, cresciuti su terreni sassosi e calcarei, recuperati e coltivati senza alcun intervento chimico di fitofarmaci e concimi; e a Cab Terra di Brisighella (Ra) e ai suoi soci per essere riusciti a ottenere l’olio del Presidio degli olivi secolari anche in questa difficile annata, quando l’alluvione che ha colpito la Romagna ha investito con numerose frane il territorio di Brisighella. «Il Gruppo Saida nella piena consapevolezza del valore dell’olio extravergine d’oliva, ha pensato un packaging che potesse aiutare il produttore a comunicarne l’importanza – sottolinea Gian Luca Zuccarello, Commercial Manager Premium Glass Division del Gruppo Saida -. Con la Collezione Horizon offriamo all’olio un vestito unico, elegante, raffinato, di grande appeal: la qualità percepita dagli occhi troverà piena corrispondenza nel contenuto, facendo cogliere al consumatore un’esperienza completa. Il design, da sempre strumento di valorizzazione del made in Italy in ogni settore, con Horizon si rilancia nel vetro, donando al settore oleario una collezione premium in grado di attrarre anche i più scettici».
Che olio ci aspetta? Il focus sull’annata olivicola
Com’è stata l’annata 2023? «Le parole chiave che caratterizzano le introduzioni regionali di questa edizione sono ancora una volta siccità, temperature, piogge intense e cambiamento climatico – evidenzia Francesca Baldereschi, curatrice della Guida -. Questi elementi rappresentano le sfide quotidiane affrontate dal settore nell’annata appena trascorsa, come nelle precedenti, e costituiscono ormai una preoccupazione costante per i produttori, non solo quelli italiani. A questo si aggiungono gli eventi improvvisi e figli dello stesso fenomeno climatico come frane e alluvioni che hanno contribuito a colpire alcune zone della nostra Penisola nel 2023». Non è semplice fare una fotografia dell’andamento dell’annata in Italia perché la crisi climatica con le sue manifestazioni estreme (alte temperature e violente precipitazioni) ha disegnato una produzione molto settoriale che varia all’interno della stessa area di produzione. Anche le stime sul raccolto variano tra di loro. La produzione di olio nel 2023/24 dovrebbe attestarsi intorno alle 290mila tonnellate, con un aumento del 20% circa rispetto alle 240.000 tonnellate del 2022. Mentre la produzione mondiale è in diminuzione rispetto alla campagna olearia precedente (-6,3%) con volumi complessivi al di sotto di oltre il 20% rispetto a quelli che sono considerati i target minimi per un corretto equilibrio tra domanda e offerta, che rischiano di prosciugare gli stock globali già nei primi mesi del 2024 se il consumo medio viene confermato. Secondo i dati illustrati al Sol emerge che l’Ue presenta import in crescita, giù l’export. Le produzioni comunitarie – scese a 1,4 milioni di tonnellate – hanno fatto impennare le importazioni del 44% a ottobre e novembre 2023 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. La Tunisia (con 10.249 tonnellate, -31% sul 2022/23) resta la prima fornitrice dell’Ue, seguita da Turchia (5.100 tonnellate, +320%), Siria (3.807, +1.029%) e Argentina (3.693, +274 per cento). Secondo uno studio dell’Istituto Piepoli per Il Sole 24 ore il 47% degli intervistati dichiara di aver diminuito il consumo del 30% e il 40% degli intervistati dice di averlo dimezzato. «Un dato che ci fa piacere raccontare, che emerge anche dalla Guida – conclude Francesca Baldereschi -, è quello della crescita del biologico. Negli ultimi dodici anni, la coltivazione biologica è cresciuta notevolmente raddoppiando la superficie olivata certificata e superando abbondantemente il 20% della superficie olivicola totale. Anche questo dato, unito al fatto che l’olivicoltura rappresenta il 12% delle coltivazioni italiane biologiche, testimonia l’impegno del settore verso pratiche agricole rispettose dell’ambiente e della biodiversità e che possono essere uno strumento e una risposta al cambiamento climatico».
Il workshop
Ricco di spunti il workshop, che ha animato la mattinata, Dalla natura per l’olivicoltura sostenibile a cura di BioDea che ha posto l’accento sull’importanza di una agricoltura e, in questo caso, di un’olivicoltura senza chimica e dell’importanza di un suolo sano per un prodotto buono e salutare. «Una coltivazione e gestione sostenibile – ha sottolineato l’agronoma Annalisa Berettini – in olivicoltura con prodotti naturali, a residuo zero e che rispettano la biodiversità dell’intero ecosistema, partendo dalla ricerca scientifica dalle prove e osservazioni di campo, fino ad arrivare alle analisi dell’olio. Avere una biodiversità all’interno dell’oliveta permette di migliorare la struttura e la fertilità del terreno». Concorda Angelo Lo Conte, tecnico olivicolo: «La filiera olivicola ormai da 10 anni è messa a dura prova da diversi fattori che hanno causato troppe annate nefaste. Tutte queste concomitanze negative sono state alimentate dagli effetti determinanti dei cambiamenti climatici. In questo scenario una moderna olivicoltura è certamente possibile in piena armonia con l’ambiente e con le comunità. C’è la necessità di investire in ricerca per trovare le soluzioni adeguate e per fare questo è necessaria una forte volontà di puntare sui punti di forza dell’olivicoltura italiana fatta di infinita biodiversità olivicola, ottime condizioni pedoclimatiche, valore sempre crescente del prodotto».