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Una vendemmia 2020 a prova di Covid-19: le previsioni del Sud Italia

PRIMA PARTE DEL SONDAGGIO A CAMPIONE TRA I PRINCIPALI DISTRETTI DEL VINO. UVE SANE, POCHE FITOPATIE E MASSIMA ATTENZIONE ALLA QUALITÀ CHE SI PRESENTA TRA BUONO E OTTIMO. SICILIA DI NUOVO SOTTO LE MEDIE NEI VOLUMI, OCCHI PUNTATI SULLA PUGLIA. ANDAMENTO IDEALE PER LA DOP VESUVIO.

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Dopo una delle vendemmie più scarse degli ultimi 50 anni (2017), una tra le più abbondanti (2018) e dopo un’annata abbastanza nella norma (2019) arriva la vendemmia targata “Covid”, a chiudere un quadriennio, il 2017-2020, che dovremo segnare con un cerchietto rosso per una combinazione difficilmente ripetibile. Un’altalena infinita, a guardare l’andamento di volumi e prezzi, condita nel semestre appena concluso con gli effetti pesanti di una crisi economica il cui reale grado di profondità sarà a tutti manifesto non prima di qualche anno. Per ora siamo ancora in emergenza, nel pieno della corrente e, con le cantine che faticano a liberare spazio per il nuovo vino, le esportazioni minacciate da nuovi dazi, il turismo che non c’è e i canali della ristorazione che provano lentamente a riprendersi, ci si prepara a un raccolto sui generis, le cui fasi operative dovranno avvenire nel rispetto delle norme del distanziamento anti-contagio.

Anche il clima non è stato favorevole in inverno e primavera, con fenomeni di siccità, ma per fortuna l’estate non dovrebbe registrare grandi ondate di caldo, come spiegano gli esperti del Cnr. Sui vigneti italiani ci sono limitate fitopatie e buone escursioni termiche e forse troveremo la qualità. Un raggio di luce in un quadro a tinte fosche, in cui il settimanale Tre Bicchieri ha provato a tastare il terreno per capire come sarà l’annata, navigando nel Sud dell’Italia in questa prima parte del consueto sondaggio a campione, in cui le voci si mescolano ai sentimenti dei protagonisti e alle aspettative dei territori più vocati.

Produzione in calo

Lo scorso anno, l’Italia ha prodotto 47,5 milioni di ettolitri di vino, di cui 21,3 mln a Dop e 12 mln a Igp, secondo dati Agea. All’8 luglio, in giacenza nelle cantine italiane ci sono 44,1 milioni di ettolitri, in calo del 2,1% rispetto alla settimana precedente e del 3,9% rispetto al 1 luglio del 2019. Si tratta, come si legge nel bollettino di Cantina Italia, in buona parte di vino a Dop o a Igp, rispettivamente il 52,6% e il 26%. La nuova campagna partirà ufficialmente il primo agosto. Tra distillazione di crisi sui vini generici e riduzione volontaria delle rese per Dop e Igp, il Mipaaf punta a tagliare le giacenze di 1,6 milioni di ettolitri e di altri 2 milioni di ettolitri il vino della nuova annata. I consorzi di tutela si stanno preparando scegliendo di ridurre i volumi di uve, con una spiccata attenzione all’aspetto qualitativo. In genere, si nota una moderata propensione ad aderire alla misura nazionale della riduzione delle rese. La maggioranza delle Dop produrrà sicuramente al di sotto dei livelli del disciplinare, come si fa già da tempo, ma senza procedere a tagli ulteriori. La logica è che i vini possono attendere anche in cantina il momento della ripresa, in parte già segnalata, anche se con parecchie incognite. Piuttosto, c’è necessità di trovare spazi per stoccare il prodotto, magari col sostegno regionale. E se l’Italia produrrà nel 2020 intorno ai 40-42 milioni di ettolitri (al di sotto delle medie storiche), ma con un’alta qualità, stavolta non ci sarà da lamentarsi.

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Che estate ci attende? Le proiezioni del Cnr sul clima

Agli effetti dell’emergenza sanitaria sul settore agricolo e della pesca italiani vanno aggiunti quelli severi dovuti all’eccezionalità dell’inverno e della primavera e a un’estate che ha stentato a decollare. L’inverno 2019-2020, come spiega la climatologa Marina Baldi (Istituto per la Bioeconomia del Cnr), è stato poco piovoso e caldo con anomalie di temperatura positive e precipitazioni pesantemente sotto media. Ha fatto seguito un’anomala primavera con aprile che ci ha regalato lunghe giornate soleggiate e temperature gradevoli, ma anche poche precipitazioni (-31%). Unica eccezione l’ultima decade di marzo, quando aria molto fredda artico-continentale ha portato gelate e neve sui rilievi appenninici centro-meridionali, con effetti sull’agricoltura. In generale, quindi si sono registrate condizioni di grave siccità, che ancora perdurano in gran parte del Paese.

Nella regione Mediterranea, afflitta già da una siccità grave e carenza di risorse idriche, l’estate ha avuto inizio con un giugno caratterizzato da giornate soleggiate, intervallate da brevi ma intense precipitazioni e grandinate. A differenza delle estati dell’ultimo decennio, da giugno ad oggi, seppur con temperature sopra la media, non si sono avute ondate di calore, tanto che per nessuna delle città principali è stato emesso un avviso di criticità o un “bollino rosso”. Nella sua “normalità” che riporta la memoria alle estati di qualche decennio fa, quella del 2020 non è particolarmente calda e afosa, caratterizzata dalla espansione dell’anticiclone delle Azzorre ma senza picchi di caldo.

Infiltrazioni di aria più fresca da nord, e moderata instabilità, saranno possibili nelle prossime settimane e, molto probabilmente, fino a metà agosto e interesseranno soprattutto le regioni alpine e la dorsale centro meridionale, portando piovaschi e temporali e, non di rado, purtroppo, fenomeni grandinigeni tanto devastanti quanto difficilmente, ancora oggi, prevedibili, viste le loro caratteristiche di fenomeni molto puntuali e di breve durata. In sintesi: temperature più gradevoli rispetto alle estati recenti, vista l’assenza sul Mediterraneo del grande protagonista delle estati dal 2000, il corposo e persistente anticiclone africano, rimpiazzato da quello delle Azzorre, grande protagonista negli anni 70-90. Per contro, in alcune regioni, soprattutto a ridosso dei rilievi alpini, prealpini e appenninici, le precipitazioni saranno presenti spesso con brevi, ma anche intensi episodi a carattere temporalesco e possibili grandinate, soprattutto nelle ore pomeridiane.

Le previsioni della vendemmia, regione per regione

Le vigne del Primitivo a Manduria

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Puglia

Il tacco d’Italia è il più grande produttore di vino dell’Italia Centrale e Meridionale. Nel 2019, da questa regione sono arrivati 8,9 milioni di ettolitri ma ben 5,6 sono di vino comune, che in parte andrà in distillazione. È da qui che ci si attende il taglio più importante. L’Igp vale 2,7 milioni di ettolitri mentre soltanto 447 mila ettolitri sono a Dop. Tra i principali consorzi, la Dop Primitivo di Manduria (23 milioni di bottiglie nel 2019 rispetto ai 20 del 2018) partirà nella prima decade di settembre coi primi tagli: “I vigneti appaiono vigorosi e in ottima salute, la prevalenza di venti di Tramontana sta favorendo la sanità delle piante. Registriamo” spiega Mauro di Maggio, alla guida del consorzio “una quindicina di giorni di ritardo rispetto all’anno scorso ma abbiamo un minor carico di uve. Almeno nelle aspettative, la vendemmia si presenta di ottima qualità e minore quantità. Ci si domanda, però, se nelle cantine ci siano ancora troppe giacenze che potrebbero frenare la richiesta di uva quest’anno”.

Negli oltre 1.500 ettari del distretto del Salice Salentino, che nel 2019 ha registrato quasi 120 mila quintali di uve (-20% sul 2018), si stima una riduzione tra 10% e 15% per un’invaiatura non perfetta: “La qualità delle uve è ottima” racconta il presidente Damiano Reale “e le piogge di giugno hanno dato vigoria alla vegetazione ma dobbiamo fare attenzione alla peronospora. Sui tempi, siamo un po’ in anticipo. Mentre non abbiamo intenzione di ridurre le rese per ettaro, sia su Primitivo sia su Negroamaro che stanno andando bene sui mercati. Abbiamo fiducia. Qualcuno aderirà alla distillazione sui generici”. Si parte a settembre con le uve Chardonnay.

Vigneto con etna all'orizzonte

Sicilia

La Sicilia è l’altra grande produttrice del Sud: 3,9 milioni di ettolitri nel 2019 (di cui 1,5 mln a Dop e 1,3 a Igp), ma con un potenziale più alto, come ricorda il presidente della Doc Sicilia, Antonio Rallo: “La Sicilia può produrre oltre 5 milioni di ettolitri, come accaduto nel 2016, l’ultima delle buone annate sul fronte quantitativo. Anche lo scorso anno ha fatto poco e non può fare ancora di meno. La misura della riduzione delle rese potrebbe interessare qualche produttore, specie chi ha meno uva”. Per la Doc unica, vicina a 100 milioni di bottiglie su 25 mila ettari, il mercato segna un -14% al 31 maggio: “Non è male, considerata la crisi economica”, commenta Rallo, che aggiunge: “Online e on-trade stanno rispondendo bene soprattutto per i bianchi. Per il Grillo sarà una buona annata in quantità mentre ci sarà un po’ meno Nero d’Avola”. Inizio raccolta previsto intorno al 27 luglio nell’areale di Menfi col Pinot grigio.

Librandi la vigna circolare della tenuta Rosaneti. Foto Luca Savettiere

Foto Luca Savettiere

Calabria

Risalendo lo stivale, la situazione per la Dop Cirò e Melissa è “abbastanza regolare sul fronte meteo, con un inverno mite e piogge nelle medie”, fa sapere Raffaele Librandi, presidente del consorzio che conta 300 soci e 1.700 ettari: “I vigneti sono in salute e non ci sono disagi sul lato fitosanitario. Prevediamo, invece, dei cali quantitativi rispetto alle annate 2019 e 2018. Le piante, infatti, sono poco cariche. Sarà un’annata scarsa per il Gaglioppo ma la cosa rientra nella variabilità. Se lo scorso anno siamo andati a 50 mila quintali, quest’anno saremo sotto del 10%. Partiremo ad agosto con i vitigni internazionali, augurandoci che non ci siano problemi di giacenze”. Sui 110 mila ettolitri di vino calabrese, 46 mila sono a Dop e 44 mila a Igp. Un percorso verso la qualità che intende proseguire anche la Dop Terre di Cosenza, guidata da Demetrio Stancati: “Nei nostri circa 650 ettari, siamo nelle medie, con uve a un buon grado di maturazione, non anticipato, che dovrebbero rendere intorno ai 70-80 quintali di media. La qualità ora è buona, ma dipenderà da agosto e settembre. Buona anche la curva aromatica grazie a escursioni termiche giuste, fino a 16 gradi in notturna. Unica nota: qualche problema sul biologico per eccesso di umidità e attacchi di oidio”. Sul fronte del mercato, le vendite sono stimate a -20%. Ma non si prevedono massicce adesioni alla riduzione volontaria delle rese o alla distillazione di crisi.

Vesuvio

Campania

La Campania (778 mila ettolitri nel 2019 di cui 335 mila a Dop) presenta un quadro variegato. Tra le alte colline dell’Irpinia (2 mila ettari vitati, 200 cantine e mille viticoltori), dove la vendemmia verde sembra non attecchire, il presidente del Consorzio, Stefano di Marzo, si dice molto ottimista: “Il 2019 non è stato per noi eccessivamente produttivo. E oggi ci sono le condizioni per un grande raccolto. Grazie a un giugno piovoso non abbiamo stress idrici e il caldo estivo creerà le giuste condizioni per un buon Greco e un buonissimo Aglianico. Per quanto riguarda il Fiano, che raccoglieremo a fine settembre, dovremmo avere una produzione stabile nei quantitativi”. E se, da un lato, preoccupa l’andamento di mercato di quelle aziende medio-grandi che ritirano le uve dai piccoli vignaioli garantendo l’equilibrio del distretto, dall’altro, il Consorzio ha deciso di innalzare la qualità ed è al lavoro per introdurre nel disciplinare la tipologia riserva per Fiano di Avellino e Greco di Tufo.

Nel vicino territorio del Sannio, tra Dop e Igp, sono state rivendicate uve per 428 mila quintali nel 2019. Libero Rillo, presidente del Consorzio di tutela, fa il punto: “L’andamento fitosanitario è buono, poche tracce di peronospora e ci sono escursioni termiche anche di 15 gradi. I volumi prodotti saranno in linea col 2019, che aveva recuperato dopo tre annate scarse per gelo e grandine”. Nel distretto, ci saranno aziende che aderiranno alla vendemmia verde nazionale “ma il Consorzio non deciderà l’abbassamento delle rese”. Piuttosto, l’intenzione è disporre il blocco dei nuovi impianti dal primo agosto (fino a revoca) e vietare di destinare all’Igt il 20% dei superi. Raccolta al via a fine agosto con la Falanghina per basi spumante. L’area della Dop Vesuvio sta vivendo una pre-vendemmia da manuale: “Al di là della sofferenza determinata dalla pandemia, con un enoturismo fermo e con qualche segnale di ripresa a giugno (+20%), la situazione nei vigneti è ideale”, dice il presidente del Consorzio, Ciro Giordano, che prevede “una bellissima vendemmia soprattutto per Caprettone e Piedirosso, con rese nelle medie dopo aver passato gli ultimi anni a -25%. Penso” spiega “che andremo intorno agli 80 quintali per ettaro, cercando di fare qualità anche nell’abbondanza”. Niente vendemmia verde e grappoli in cantina nella seconda settimana di settembre.

Santadi provincia di_Carbonia-Iglesias nel_Basso_Sulcissardegna

Sardegna

Il Mar Tirreno separa, con 350 km, Toscana e Sardegna dove nel 2019 la produzione è stata scarsa (363 mila ettolitri). Il 2020 dovrebbe portare le cantine isolane ai livelli del 2016 (800 mila/hl) “lasciandosi alle spalle un triennio poco felice”, secondo primissime stime dell’Assoenologi regionale, presieduta da Mariano Murru. “In ripresa soprattutto il Vermentino per cui sarà una buona annata, anche se non eccessiva nei volumi; per il Cannonau qualche problema di cascola e oidio determina minore produzione ma qualità non negativa; medio buona la produzione del Carignano; bene Nasco e Nuragus; positivo il quadro della Vernaccia di Oristano e molto positivo per la Malvasia di Bosa”. Distillazione e vendemmia verde? “Considerando che le cantine sarde pre-Covid erano quasi vuote” conclude Murru “non ritengo siano misure interessanti per gran parte dei produttori sardi”.